L’immagine più diffusa della Croazia è legata indissolubilmente alla sua costa: un susseguirsi di isole idilliache, acque trasparenti e antiche città baciate dal sole. Eppure, questa luminosa cartolina mediterranea custodisce, spesso in piena vista, un volto completamente diverso. Si tratta di una storia incisa nella pietra, scavata nella roccia e impressa nel paesaggio; una narrazione fatta di fortezze imponenti, bunker mimetizzati e memorie di conflitti che hanno plasmato l’identità europea. La Croazia da scoprire è anche questa, ed esplorare questo lato nascosto significa intraprendere un viaggio differente, che attraversa i secoli per svelare le complesse stratificazioni militari del paese.

I guardiani di pietra dell’Adriatico

La lunga dominazione della Repubblica di Venezia ha lasciato in eredità un sistema difensivo marittimo di straordinaria ingegneria. Sebbene le mura di Dubrovnik siano celebri, la fortezza di San Nicolò a Sebenico (Šibenik) offre una testimonianza forse ancora più specializzata. Situata all’ingresso del canale di Sant’Antonio, quasi come se galleggiasse sull’acqua, questa struttura del XVI secolo fu progettata per un compito preciso: proteggere la città dalle minacce navali ottomane. La sua architettura a forma di cuneo, all’avanguardia per l’epoca, era studiata per deviare i colpi di cannone. La sua vera forza, tuttavia, risiedette nella sua capacità di deterrenza. San Nicolò non fu mai chiamata a sostenere un vero assedio; la sua sola presenza, massiccia e intimidatoria, bastò a scoraggiare qualsiasi attacco dal mare, agendo per secoli come un silenzioso protettore.

L’eredità asburgica: il sistema difensivo di Pola

Spostandosi a nord, la penisola istriana rivela un’altra imponente eredità militare, questa volta lasciata dall’Impero Austro-Ungarico. Nel XIX secolo, Pola (Pula) fu elevata al rango di principale porto navale della marina imperiale, e come tale doveva essere resa inespugnabile. Gli ingegneri austriaci diedero vita a un anello difensivo tentacolare, un sistema composto da oltre venticinque forti principali e innumerevoli batterie minori che circondavano la città e la sua baia. Oggi, molte di queste strutture, come Fort Punta Christo, emergono quasi inghiottite dalla vegetazione mediterranea, conservando un fascino austero e malinconico. Sotto la superficie, la città nasconde inoltre una complessa rete di gallerie, la “Zerostrasse“, costruita durante la Prima Guerra Mondiale per offrire rifugio alla popolazione e permettere il movimento sicuro delle truppe.

Le memorie oscure del ventesimo secolo: il campo di Arbe

Il campo di Arbe

Il XX secolo ha inciso sulla Croazia ferite profonde, la cui memoria è spesso affidata a luoghi oggi silenziosi, lontani dai flussi turistici. Uno dei capitoli più dolorosi è legato al campo di concentramento di Arbe (Rab), istituito sull’isola omonima dalle autorità fasciste italiane nel luglio del 1942, durante l’occupazione della Jugoslavia. Questo campo non era destinato a prigionieri di guerra, ma all’internamento di civili, principalmente sloveni e croati, tra cui moltissime donne, bambini e anziani. Le condizioni di vita erano disumane: gli internati erano costretti a sopravvivere in tende logore, esposti al caldo torrido dell’estate e ai rigidi venti invernali, soffrendo la fame e le malattie. Si stima che migliaia di persone persero la vita in poco più di un anno. Questa pagina tragica della storia, a lungo poco discussa, rappresenta oggi un luogo di memoria fondamentale per comprendere le complesse dinamiche del secondo conflitto mondiale nei Balcani.

Le isole proibite e i segreti della guerra fredda

Durante l’epoca della Jugoslavia socialista, la posizione strategica della Croazia sull’Adriatico la rese un pilastro della difesa militare (JNA). Intere isole furono di fatto sottratte al mondo, interdette al turismo e agli stranieri fino quasi agli anni Novanta, e trasformate in basi militari. L’isola di Lissa (Vis), la più esterna dell’arcipelago, è l’esempio più emblematico. L’intera isola divenne una fortezza, il cui territorio è ancora oggi costellato di postazioni di artiglieria, basi missilistiche abbandonate e un labirinto di tunnel sotterranei. La struttura più suggestiva è il rifugio per sottomarini “Jastog” (Aragosta), un tunnel lungo oltre cento metri scavato direttamente nel cuore della collina, progettato per nascondere i mezzi navali da occhi indiscreti e attacchi aerei, un vero e proprio simbolo della paranoia di quel periodo.

Le cicatrici recenti: il memoriale di Turanj

Il percorso nella storia militare croata non si ferma, ma prosegue fino al conflitto più recente. Per cogliere l’impatto della Guerra d’Indipendenza degli anni Novanta, uno dei luoghi più significativi è il sobborgo di Turanj, alle porte di Karlovac. Questo punto rappresentò la prima linea del fronte e fu teatro di combattimenti devastanti. Oggi, l’area ospita il Museo della Guerra Patriottica, un memoriale a cielo aperto di rara potenza emotiva. L’esposizione è volutamente allestita attorno agli edifici originali sventrati dai combattimenti, inclusa una scuola. I visitatori non si trovano in uno spazio museale asettico, ma camminano letteralmente tra le macerie e i resti di carri armati, aerei e artiglieria pesante utilizzati durante l’assedio. È una testimonianza tangibile di una ferita ancora fresca.

 

Questi luoghi, spesso ignorati dai percorsi convenzionali, non sono semplici rovine. Sono custodi di storie, di strategie e di sofferenze. Esplorarli significa aggiungere un livello di profondità essenziale alla comprensione del paese. È una Croazia da scoprire non solo per la sua bellezza, ma anche per la sua complessa resilienza, testimoniata da queste memorie di pietra.